Ancora una pronuncia della Cassazione sulla commissione per l’estinzione anticipata, che presta però il fianco ad un esame critico.

Cassazione Civile, 29 dicembre 2023, n. 36404, Pres. Di Marzio, Rel. Marulli

La S.C., nella suindicata pronunzia, fonda la propria decisione sul seguente ragionamento: “Deriva da ciò l’impossibilità di cumulare, ai fini in esame, la commissione di estinzione anticipata con gli interessi corrispettivi, atteso non solo, che, come bene ha detto la Corte d’Appello, vi è alternatività tra l’una e gli altri, postulando la prima l’estinzione del rapporto la cui continuità è invece presupposta dai secondi, ma perché è proprio la natura di penale per il recesso, che incarna la commissione di estinzione anticipata, ad escludere che essa possa computarsi ai fini della verifica di non usurarietà. «La commissione in parola», si legge esaustivamente nel precedente richiamato, « non è infatti collegata, se non indirettamente all’erogazione del credito, non rientrando tra i flussi di rimborso, maggiorato del correlativo corrispettivo o del costo di mora per il ritardo nella corresponsione di quello, sicché non si è di fronte, cioè, a “una remunerazione, a favore della banca, dipendente dall’effettiva durata dell’utilizzazione dei fondi da parte del cliente” (arg. D.L. n. 185 del 2008, ex art. 2-bis, quale convertito), posto che, al contrario, si tratta del corrispettivo previsto per sciogliere gli impegni connessi a quella”.

Tale ragionamento, però, non convince.

La commissione per la estinzione anticipata del finanziamento, come giustamente rilevato dalla Cassazione, si pone al di fuori dell’effettivo utilizzo delle somme e perciò, si pone al di fuori del dettato normativo posto dal D.L. n.185/2008, art. 2 bis.

A sommesso parere di chi scrive, dirimente apparirebbe, invero, il dettato della stessa Legge n. 108/1996, la quale prescrive chiaramente che: per la determinazione del tasso di interesse usurario si tiene conto delle commissioni, remunerazioni a qualsiasi titolo e delle spese, escluse quelle per imposte e tasse, collegate alla erogazione del credito”.

Orbene, che detta commissione, sebbene non possa venir collegata ai cd. “flussi di rimborso”, anche a detta della S.C.,, seppur “indirettamente”, è chiaramente collegata all’erogazione del credito.

Sembra carente, dalla stessa lettura dell’Ordinanza in parola, il collegamento tra i passaggi del provvedimento stesso. La Corte, infatti, parte dall’assunto secondo il quale: “è proprio la natura di penale per il recesso, che incarna la commissione di estinzione anticipata, ad escludere che essa possa computarsi ai fini della verifica di non usurarietà”, legandolo, poi, al seguito del ragionamento, fondato però sull’effettiva durata di utilizzazione delle somme, che nulla, però, ha a che spartire con detta commissione, ponendosene al di fuori.

E’, per quanto sembra evidente, proprio la prima parte di detto ragionamento a porsi al di fuori del dettato normativo! La commissione per l’estinzione anticipata, negli effetti, non può e non deve venir equiparata a qualsivoglia forma di penale, essendo prevista, questa, quale corrispettivo per “l’inadempimento” del contratto, mentre la prima (detta commissione) rappresentando, invece, una forma di adempimento del contratto, al pari dell’ammortamento, previsto e disciplinato nel contratto di mutuo stesso. 

Dalla lettura di qualsivoglia contratto di mutuo, in effetti, è riscontrabile con lapalissiana evidenza che l’estinzione anticipata (che, peraltro, usualmente è pattuita prima ancora dell’ammortamento) venga prevista dalle parti quale adempimento “alternativo”, di rimborso del capitale mutuato, rispetto all’ammortamento, alle condizioni disciplinate pattiziamente.

Il mutuatario, in esito, ha la duplice “facoltà” di adempiere la propria obbligazione di rimborso, scegliendo tra due modalità, alternative tra di loro: 1) estinzione anticipata; 2) ammortamento del capitale. Nel primo caso sarà dovuto all’Istituto di credito il pagamento della commissione per l’estinzione anticipata; nel secondo il rimborso del capitale, alle condizioni pattuite in contratto.

La cd. “clausola penale” è, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 1382 c.c., il patto con cui si conviene che in caso di inadempimento di un’obbligazione la parte debitrice versi una somma di denaro o effettui altra prestazione. 

La validità e, conseguentemente, rivendicabilità, di tale “penale” è, però, con tutta evidenza, “l’inadempimento” della prestazione convenuta in contratto.

Per quanto detto, però, nel caso di estinzione anticipata del mutuo non può, con tutta evidenza definire tale “volontà unilaterale” del mutuatario alla stregua di inadempimento, dal momento che, come detto, tale valutazione è convenuta in contratto, quale mera “facoltà”, diversamente, ad esempio, di quanto pattuito per gli interessi di mora, che vengono pattuiti, per l’appunto, per il caso di “inadempimento” dell’obbligazione di puntuale pagamento dei ratei alla scadenza convenuta nel contratto e nel piano di ammortamento del mutuo.

Non è dato comprendere, pertanto, sulla base di quale ratio la pronunzia in commento fondi la propria sostenibilità.

La inclusione di detta “commissione”, pertanto, ai sensi di Legge e sulla base della interpretazione letterale della summenzionata L. 108/1996, ex art. 12 delle Preleggi, non può che far parte integrante delle “voci di costo”, indubbiamente “collegate” all’erogazione del credito.

Avv Luigi Principe

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